artisti

Valentina Lapolla
Nata a Firenze. Vive e lavora a Prato
http://www.motiboreliani.net/

Valentina Lapolla inizia il suo lavoro all’interno del gruppo SenzaDimoraFissa, laboratorio nato a Prato nel 2006 da un progetto di Andrea Abati e che fa propria la pratica artistica come modalità che contribuisce alla definizione e formazione di una società in transizione.
Prosegue poi il suo percorso nell’uso della fotografia e del video. Se all’inizio il video risultava il principale strumento attraverso cui indagare se stessa e la sua interazione con il mondo, il suo interesse si è poi rivolto a composizioni di immagini attraverso le quali dar vita a catene di significato grazie alla libertà di associazione e al montaggio.
Affiancato alle recenti collaborazioni nel mondo della danza, il ritorno al mezzo fotografico dei lavori più recenti è improntato a una qualità performativa, concentrandosi su azioni compiute da lei stessa e di cui la registrazione ottica è l’unica testimone.
I soggetti e i temi dei suoi lavori nascono da un’osservazione di se stessa e del contesto in cui si muove, e particolare attenzione è rivolta alla relazione che viene intesa come essenziale nella determinazione del sé, una relazione fatta di vulnerabilità ed esposizione reciproca: un approccio che parte dalla condizione personale estendosi per prossimità e vicinanza.

Nel 2010 ha vinto il premio Special Italia 2010 della Fondazione Fotografia, ha esposto il suo lavoro nelle mostre Who killed Mucca Carolina?, a cura di Pavel Braila, progetto
Networking, Prato; ha partecipato alla nascita del Collettivo Paz con il quale da’ vita a Berlino all’happening 1/2 sommer 1/2 festival, e scritto un testo per il progetto Territoria#4, a cura di Bert Theis. Con il gruppo SenzaDimoraFissa ha presentato il suo lavoro a macrolotto_zero, Prato; Arcipelago, Isole nella rete, a cura di M. Chini e F. Galluzzi, Firenze; Identifcazioni multiple, Happen Studio, Berlino; Europa Presente. Identità, differenza, relazione, a cura di Stefano Taccone, Napoli.



Vanni Bassetti
Nato a Firenze, dove vive e lavora

Il lavoro parte da un desiderio di analisi della realtà, attraverso strumenti che consentono una produzione di immagini e una loro riproducibilità, come scanner e macchine fotografiche. L’atto fotografico racchiude in sé una volontà di comprensione ma anche l’affermazione della figura dell’artista come interprete del quotidiano che attraverso il suo sguardo si assume la responsabilità di selezionare oggetti e situazioni da elevare a simboli per rappresentare il panorama circostante e offrirne nuove chiavi di lettura.

Recentemente ha presentato il suo lavoro nelle mostre Spot#01, Cristallo cammina con me, a cura di Gabriele Tosi, Spazio 0, Pistoia; Who has killed Carolina?, a cura di Pavel Braila/Elisa Del Prete, Ex Macelli, Prato; Private Flat#5/Non avere Paura, a cura di Davide Daninos, Santa Reparata International School of Art, Firenze; Disco_nnect Festival 09, sezione Arti Visive, a cura di Davide Daninos, Forte Bazzera, Tessera Venezia; Biennale dei Giovani Artisti dell’ Europa e del Mediterraneo, Skopje; Gemine Muse 09, a cura di Raffaele Gavarro, chiesa di San pier Forelli, Prato.



Yonel Hidalgo Perez
Nato a Las Tunas, Cuba. Vive e lavora a Livorno, Italia

Dal 1998 ad oggi, l’intera produzione dell’artista ha come fulcro centrale di riflessione il rapporto che intercorre tra uomini ed oggetti del quotidiano. Influenzato certamente dal contesto culturale cubano, un connubio unico di post-colonialismo e ideologia marxista, Hidalgo avvia una critica empatica sull’attaccamento alle cose materiali; affronta lo spinoso concetto di proprietà “mettendoci la faccia”: con un ampio ricorso quindi all’autoritratto nelle opere grafiche. Quasi ogni lavoro evidenzia il dualismo intrinseco degli oggetti: nati come protesi ausiliari e divenuti fonte di ossessioni schiavizzanti, incarnazione del bisogno/non-bisogno, sintesi indissolubile dei traguardi e allo stesso tempo dei limiti del genere umano.

Fra le mostre più recenti El deseo no tiene limites, Museo Laboratorio-Ex Manifattura Tabacchi, Città Sant’Angelo; L’energia dell’isolano, Centro Dionysia per le Arti e le Culture, Villa Piccolomini, Roma; Artwo “arte utile”, Andrea Ciani Arte&Design, Genova; Born again. Memorie del contemporaneo , Palazzo dei Consoli, Comune di Bevagna.



Kaoru Katayama
Nata a Himeji, Giappone. Vive e lavora fra Valencia e Madrid

Di origine giapponese, ma residente in Spagna dal 1992, sviluppa la sua ricerca artistica partendo da questioni che mettono in relazioni la sua condizione di straniera con il fatto di appartenere oramai a due culture diverse. Il formato usa con più frequenza é la videoperformance analizzando temi concernenti l’instabilità culturale, anche se lavora comunque con il disegno, la fotografia e la scultura.
Il registro di situazioni di genere performativo le permette di fare visibile lo scontro culturale traverso diversi stati di confusione, disamino e adattazione.Offrendo scene per situazioni impreviste, il lavoro di Kaoru Katayama apre la possibilità di nuovi dibattiti in torno alla comunicazione e incomunicazione culturale.

Recentemente ha presentato il suo lavoro nelle mostre individuali Folklove, Galería T20, Murcia, Spagna; Te quiero mucho, Galería Tomás March, Valencia, Spagna; Walking song, Espacio Líquido, Gijón, Spagna; Kaoru Katayama, Votla N.Y., New York; My best effort, MC Kunst, Los Ángeles, USA; So far, so close… Galeria Casa Triângulo, São Paulo, Brasile; So far, so close… Galería T20, Murcia, Spagna; Technocharro, DA2 –Domus Artium, Salamanca, Spagna. E nelle mostre collettive 7º Biennal d´art Leandre Cristòfol, Centre d´Art la Panera, Lleida, Spagna; Oslo Film Festival, Filmens Hus, Oslo; El sur de nuevo, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid; Huésped, Museo Nacional de Buenos Aires, Buenos Aires; Mush Up, Artspace New Zealand, Aukland, Nuova Zelanda; In_ter_va_lo, MEIAC, Badajóz, Spagna; A Modest Proposal, Northern Gallery for Contemporary Art, Sunderland, U.K.; Existencias. MUSAC, León, Spagna; Idilio, DA2 –Domus Artium, Salamanca, Spagna; Heterotopías, Oktogon, Hochschule für Bildende Künste Dresden, Dresda, Germania; Everybody Dance Now. EFA Studio Center, New York; Manhattan, Gallery The Project, New York; V.I.V.A. 2006, Vital Internatinal Video Art. Hara Museum of Contemporary Art, Tokyo; Surrounding Matta-Clark, Carlos Carvahlo de Arte Contemporáneo, Lisbona; Fusion. MUSAC, León, Spagna; Posthumous Chorreographies. White Box Gallery, New York; Video Unplugged, Gallerie S.E., Bergen, Norvegia.
Vincitrice Premio ARCO, Comunidad de Madrid per i giovani Artisti, Madrid, 2006.



Fermín Jiménez Landa
Nato a Pamplona, vive e lavora a Valencia, Spagna

Fermín Jiménez Landa parte dal video, il disegno e la fotografia per creare istallazioni nelle quali si mostra un metodo di lavoro deliberatamente errato raffermando il suo interesse per aspetti di conoscenza oggettiva come sono la fisica e le matematiche, portati sempre all’ambito dello in mediato e spontaneo. I binomi successo/fallimento, saggio/ errore, principio/fine sono costantemente alterati mediante un umorismo spesso assurdo.
Fra le mostre più recenti No muy a menudo, ni muy poco, Galería Valle Ortí, Valencia; Actos oficiales, Sala Montcada, Caixaforum, Barcellona; Welcome Home, Galería Moisés Pérez de Albéniz, Pamplona; Creación Injuve 06, Círculo de Bellas Artes, Madrid; Entornos próximos, Artium, Vitoria, Spagna.



Beatrice Mochi Zamperoli
Nata a Fiesole (FI). Vive e studia a Bologna

Beatrice Mochi Zamperoli si è formata al liceo artistico L.B.Alberti di Firenze e adesso è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove frequenta il 4° anno del corso di Pittura.
Qui ha scoperto l’interesse, e successivamente la passione per la fotografia lavorando inizialmente con una macchina analogica e successivamente con quella digitale. 
Beatrice, ma questo è il nome con cui la chiamano solo gli sconosciuti (nonché il suo strambo coinquilino Fabio), nell’arte come nella vita predilige uno stile diretto: pochi fronzoli, molta azione, o se si preferisce, contenuto. Un approccio che si può nitidamente scorgere nelle sue fotografie, che immortalano quei frangenti della vita quotidiana e delle relazioni che quasi impercettibilmente assorbiamo, per poi lasciarli evadere dalle nostre menti. Scatti rubati alla spontaneità degli sguardi, che si muovono rapidi nel tempo senza, apparentemente, lasciare una traccia visibile. Bea individua e trattiene quelle tracce e quei gesti che compiamo inconsciamente e senza accorgercene: ogni giorno nella memoria e quando maneggia una macchina fotografica sulla pellicola, restituendo a chi le vive accanto l’intimità di un attimo, che sembrava perduto, ma che lei ha salvato, catturato e riproposto come un’opera che non deve essere dimenticata.